Quali cambiamenti ci aspettano dopo il lockdown.
Eravamo abituati ad avere tante cose da fare e sempre poco tempo a disposizione. Eravamo abituati a muoverci in un vortice senza fine: c’era chi usciva di casa in tutta fretta per portare i figli a scuola in orario, chi correva in macchina per raggiungere il posto di lavoro entro una certa ora, chi faceva fare un giro veloce al cane al rientro dopo una giornata di lavoro, chi mangiava di fretta per avere ancora il tempo di andare in palestra.
Un tempo sempre troppo breve, sempre troppo poco. Quante volte abbiamo pensato che giornate di 24 ore non fossero sufficienti.
Improvvisamente tutto si è fermato. Il mondo come lo conoscevamo ha smesso di girare. E noi con lui. Niente più scuola a cui lasciare i propri figli, niente più sedi di lavoro da raggiungere in tempo, portare fuori il cane diventa un lusso per pochi, mangiare è ormai la principale occupazione della giornata per molti, le palestre solo più un miraggio.
Molti si fanno prendere dal panico, altri diventano profondamente tristi, i più si arrabbiano. Qualcuno decide di non opporsi al cambiamento, lo accoglie e cerca di trarne qualche vantaggio in termini di nuovi apprendimenti. Ma quali?
Posso fermarmi, troverò sempre qualcosa da fare.
In una società così fortemente orientata al profitto e alla realizzazione di obiettivi professionali, la casa intesa come spazio di vita familiare e luogo della cura perde il suo senso, resta solo un immobile di più o meno valore economico. La vacanza dal lavoro poi altro non è che l’occasione di fare un viaggio ed esplorare posti lontani. Ci sono persone che non sanno proprio viversi la casa, ci stanno solo per riposarsi e dormire.
Una mia paziente solitamente fagocitata dal suo lavoro, poi subito in viaggio lontano da casa alla prima occasione vacanziera, inaspettatamente si ritrova a casa in fermo forzato, per una sola settimana nel suo caso, ma è la prima volta che non può approfittare dello stop per viaggiare. Non si oppone al cambiamento, ma prova a viverselo, per vedere cosa può accadere.
Ho messo in ordine i cassetti della camera, sa dottoressa? C’era della roba così vecchia, che nemmeno ricordavo di avere!
Ci sono gli Altri, ma ci sono anche Io.
Prima del lockdown il contatto con gli altri era così frequente da risultare per alcune persone o in alcuni momenti quasi soffocante. Si può pensare alla situazione di chi lavorava in ufficio a contatto con colleghi e superiori per otto ore al giorno, più un’ora di pausa pranzo. Si può pensare ai pranzi domenicali con i parenti o alle uscite del sabato sera con gli amici. Ogni momento della settimana era scandito dal contatto con qualcun altro, a tal punto da arrivare a sentire che non c’era più spazio per se stessi, un tempo per pensare, per meditare, per guardarsi dentro.
Il compito più importante è portare più vita alla tua giornata. Questo non significa più cose da fare, ma il contrario. Significa crearsi spazio per pensare, camminare, mangiare, dormire, leggere, amare, sognare. (Brandon Burchard)
Così una giovane donna decide di approfittare di questo tempo svuotato di impegni e solitario di relazioni per guardarsi dentro e iniziare il suo percorso di analisi. Nel giro di poche sedute realizza di aver dedicato tanto tempo agli altri nella sua vita e di essersi lasciata sempre all’ultimo posto.
Ci sono i tuoi bisogni, ma ci sono anche i miei.
Alcune tipologie di persone sono particolarmente attente a riconoscere i bisogni degli altri e hanno una spontanea attitudine ad adattarvisi, spesso rinunciando alla soddisfazione dei propri desideri più intimi. In questo caso il lockdown può diventare un momento di ritrovato contatto con se stessi, possibilità di entrare in relazione con i propri bisogni, troppo spesso lasciati nell’ombra. Così un’altra paziente che ha ormai terminato il suo percorso:
Sto bene, dottoressa! Chi meglio di una psicosomatica apprezza lo stare a casa lontano dagli altri e dalle loro richieste.
Ovviamente non si tratta di una fuga dall’Altro, che resta sempre punto di riferimento nella vita di chiunque. Si tratta solo di saper cogliere l’aspetto positivo anche in questa situazione di deprivazione, per esempio il poter prendere fiato e per qualche settimana (o mese) potersi concentrare su di sé.
Abbiamo possibilità di scelta.
Fermarsi permette di avere tempo per pensare. Pensare porta a farsi delle domande. Trovare le risposte genera nuove consapevolezze. La consapevolezza ci rende responsabili.
Ecco alcune domande che molti si sono fatti in questo periodo di fermo obbligato:
La pandemia da Coronavirus ha cambiato il nostro quotidiano senza alcun preavviso e lo ha fatto nel modo più drastico possibile. Le strade si sono svuotate, così anche le aziende, l’economia globale ha rallentato, l’isolamento è diventato la regola, il lutto e la perdita sono la realtà del presente. Molte persone stanno affrontando difficoltà finanziarie e incertezza circa le proprie prospettive di lavoro future. Il mondo come lo conosciamo potrebbe non essere più lo stesso.
L’impatto psicologico immediato della pandemia e gli effetti traumatici a lungo termine sono sotto gli occhi di tutti. Tuttavia questa esperienza, nella sua durezza e drammaticità, ci sta aprendo a nuove consapevolezze e quindi a nuove possibilità. Con la fine del lockdown potremmo decidere di cambiare il nostro stile di vita in meglio oppure potremmo decidere di riprendere tutto come prima. Qualunque cosa accadrà, sapremo che la responsabilità sarà solo nostra, perché adesso conosciamo la differenza.
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